La morte ai tempi del Covid-19

La pandemia è, come tutti i grandi episodi traumatici, un evento che segna un tempo, cioè che ha un prima e un dopo nella nostra vita. Questa organizzazione psichica accomuna ogni situazione significativa, come ad esempio i lutti, o le catastrofi naturali. Il nucleo semantico del trauma è all’interno della parola stessa, essa rappresenta un taglio, un’interruzione. Quello che prima era continuo ora si è spezzato e la storia ha subito una rottura, nel cui mezzo costruiamo delle culture. Il rito funebre rappresenta un mezzo culturale e sociale attraverso il quale l’uomo tenta di dare un senso al limite della vita. Il lutto è un aspetto sociale per allontanare la morte e la sua elaborazione richiede un grosso sforzo e ha bisogno della socialità necessaria alla sua partenza. In genere il funerale rappresenta una maniera di rendere coscienti della perdita effettivamente avvenuta, obbligando a prendere atto della separazione anche in maniera violenta. Il rito è strutturato per far accettare la separazione attraverso la costrizione ad assistere da vicino alla cerimonia, con la conferma di tutti coloro che vi partecipano e che danno il loro supporto con le condoglianze. La struttura sociale intorno a chi soffre accompagna con energia il rito e, al termine, continua la sua opera di cura, offrendo aiuto e rappresentando la vita che continua, anche se in modo diverso.  Questo è fondamentale per elaborare il lutto, ma solo dopo l’avvenuta accettazione della realtà della perdita.

Durante la pandemia la ritualità che di solito accompagna la morte, non è preservata.

Non è possibile salutare il morente se non attraverso uno schermo (quando si ha la fortuna di averlo a disposizione) e non è possibile fare un funerale normale, andando a far perdere il valore simbolico ad esso legato. Purtroppo altre epoche storiche hanno segnato la necessità di elaborare il lutto senza la presenza della salma. Il Milite Ignoto ne è un simbolo in quanto emblema dei soldati deceduti in guerra e di cui non è stato possibile rintracciare il corpo, senza il quale il lavoro psichico di accettazione della perdita non può nemmeno iniziare. Il rito alternativo diventa quindi necessario, come la ricostruzione del rito di gruppo. La sensazione di non essere soli, insieme alla raccolta dei ricordi nella narrazione della vita e del dolore, offrono un supporto per cercare di dare un senso a qualcosa che non lo ha. Questo rito psichico merita un’attenzione e un’accortezza maggiore rispetto all’ordinario. Non si sta parlando di lutti complicati, cioè dai quali non si riesce ad uscire, bensì di elaborazioni che non riescono nemmeno ad iniziare. È importante riuscire a trovare un equilibrio all’interno del sistema culturale in quanto la pandemia accomuna tutti e ci rende fragili rispetto a un rischio che dall’inizio ad oggi, nella percezione personale, ha perso la sua pericolosità, ma che invece è sempre presente nei numeri delle vittime che ascoltiamo tutti i giorni. I lutti possono essere degli acceleratori nelle dinamiche sistemiche e gli squilibri nel peso loro assegnato possono provocare profonde fratture. Oggi si è persa la percezione del rischio con la conseguenza di considerare la morte come lontana e estranea a noi, perché non rappresenta più la novità, pertanto i numeri dei decessi che continuiamo a sentire, seppur costantemente elevati, vengono avvertiti come qualcosa di normale, piuttosto che spaventoso. Questa perdita del lutto collettivo e la perdita della capacità di vedere la sofferenza altrui come nostra sofferenza, va ad ostacolare l’elaborazione personale, lasciando coloro che subiscono perdite, isolate nel loro dolore. Ogni giorno, in Italia e nel mondo, ci sono migliaia di persone che soffrono il distacco da persone care a causa del Covid-19 e tale dolore merita la sua importanza. Il compito dello psicologo, in tali circostanze e a prescindere dall’orientamento teorico, è di restituire dignità a tale sofferenza, accompagnando le persone nella loro costruzione di riti. Aiutando e sostenendo ognuno nella realizzazione del proprio cerimoniale, gli permettiamo di iniziare la sua individuale elaborazione del lutto e insieme compiamo un lavoro di acesi verso una processo di crescita che ci rende più umani.

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