Il male oscuro

 “Sono depresso” è una delle frasi più abusate dell’ultimo periodo. La pandemia ha portato molte persone a fare i conti con una disposizione d’animo plumbea, che nel tempo ha provocato molti disagi e sensi di angoscia. Ma cosa è la depressione? L’abbassamento del tono dell’umore, la mancanza di vitalità, il senso di stanchezza persistente, il non riuscire a dormire o dormire troppo, il cambiato rapporto col cibo, sono tutte avvisaglie del male oscuro che ci sta avvolgendo. Si perde interesse per qualsiasi cosa e nulla cattura la nostra attenzione, solo il desiderio che l’incubo che si sta vivendo finisca presto.  Inoltre il senso di colpa nei confronti di chi ci sta intorno e l’incapacità di comprendere perché ci stanno succedendo queste cose, ci distrugge ancora di più. Un tempo amavamo la vita, ma ora pare che non abbia senso e compaiono pensieri di morte. Quando qualcuno ci dice che dobbiamo reagire, dobbiamo essere forti, che la vita è un bene prezioso da non sprecare, ci sentiamo ancora più angosciati e inutili al mondo.

La depressione è uno stato in cui grossi avvenimenti stanno accadendo nel nostro mondo psichico, però è necessario riconoscerli e comprendere la necessità che si esprime attraverso il nostro stare male. Sì, necessità, perché la depressione nel suo significato di taglio netto, opera una castrazione, mette in risalto il bisogno di staccarci da qualche parte di noi che è necessario “decapitare” affinché possa avvenire il cambiamento richiesto dalla nostra psiche. Il mito che meglio rappresenta questo stato è quello di Crono/Saturno e Crono è proprio colui che castra il padre per poter offrire nova vita ai suoi fratelli. Crono però è anche colui che ingoia i propri figli affinché non lo spodestino del suo trono, quindi la sua caratteristica è la tendenza al mantenimento delle cose e alla lentezza. La ribellione di Crono al padre Urano dovrebbe farci chiedere a cosa ci stiamo ribellando o a cosa dovremmo ribellarci. Inoltre, la depressione ci impone di stare con noi stessi e con le nostre immagini interiori e proprio in queste profondità è custodito il tesoro a cui questo malessere vuole farci approdare. Per poter vedere tale ricchezza è necessario staccarsi dalla quotidianità e dirigere le nostre riflessioni nel nostro spazio interno, isolati rispetto alle esigenze dell’Io che ci impone di vivere in base alle regole del mondo esterno.  

La morte che la psiche reclama non è da “letteralizzare”, cioè da agire attraverso il suicidio, infatti non è della morte fisica che la depressione ci parla, ma di quella decapitazione che ci rivoluziona la vita e che ci fa ribellare alle costrizioni che internamente o esternamente imprigionano la psiche.

Nell’isolamento depressivo è possibile re-immaginarsi e trovare il “senso tragico della vita”, affinché l’anima possa trovare la sua soddisfazione. Fino a quando non si accetta che c’è qualcosa che deve finire e non si comprende la necessità di lasciarla andare, il nero continuerà ad avvolgerci. “Accettare la depressione e esserne fedeli, permette la rivoluzione per il bene dell’anima” (J. Hillman, Re-visione della psicologia, p.180).

Hillman ci dice che “Il potere dell’anima compare nella depressione. Non ci può essere nella vita di una persona un fatto più potente di una depressione o di una passione amorosa: ecco un esempio di potere dell’anima” (da un’intervista rilasciata da James Hillman a Mantova, durante il Festival delle Letterature) e Jung, prima di lui, che i disagi psichici arrivano per dirci qualcosa e che “la depressione è una signora in nero, quando appare non bisogna scacciarla ma invitarla alla nostra tavola per ascoltare cosa ci dice”.

Occorre quindi rendere cosciente il suo contenuto affinché il fenomeno che rappresenta possa raggiungere la sua efficacia “ciò può verificarsi solo regredendo coscientemente di pari passo con la tendenza depressiva e integrando nella coscienza le reminiscenze così attivate, il che corrisponde all’intento perseguito dalla depressione.» (C. G. Jung, Simboli della trasformazione; Bollati Boringhieri, p.393).

D’Agostino Marialuisa

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